“..Falli venire, li ospitiamo noi per un paio di giorni.
“Mamma…” al telefono è mia figlia, 24 anni, volontaria del Naga-sportello legale. Ha la voce di quando deve chiedere qualcosa di complicato e non sa bene come reagirò. “Mamma, ci sarebbe questa famiglia… sono egiziani, madre, padre e 4 figli tra i 4 e i 10 anni, dormono per strada da 5 giorni… possiamo aiutarli?” Ma si può sopportare l’idea che una famiglia con 4 bambini piccoli dorma in un prato? Ovvio, no. “Falli venire, li ospitiamo noi per un paio di giorni.” “Va bene, grazie, poi lunedì ci pensiamo noi a cercare una soluzione.” Erano qui vicino a casa, dopo mezz’ora arrivano ed entra con loro un mondo di confusione, risate, dolcezza che questa casa non vedeva da un po’, da quando i miei figli sono cresciuti e non ho più in giro bambini e poi ragazzini urlanti.
Mia figlia ora vive da sola, c’è la sua stanza libera. Per qualche settimana potrò ospitare per un paio di notti, poi quella stanza verrà inglobata al mio B&B, ma prima la “sfruttiamo” così.
Per accogliere.
La prima cosa da fare è una doccia per tutti, cerco negli armadi degli abiti puliti per loro, ormai ho poco da bambino, ma ci si adatta. Nel frattempo facciamo un paio di lavatrici con i loro vestiti. Tarek è il padre, ha 40 anni, è un uomo gentile, dolcissimo, parla bene l’italiano perché ha vissuto per anni a Reggio Emilia dove aveva un’impresa con 15 dipendenti, era specializzato in facciate di palazzi a vetro, con la crisi del 2008 l’ha dovuta chiudere e da lì è partito il suo calvario alla ricerca di un paese accogliente.
Tornato in Egitto per sposare la bellissima Noha, rinuncia al permesso italiano. Cominciano allora a girare per qualche anno tra la Svizzera e la Francia, dove nascono i loro 4 figli: Omar, 10 anni, gli dicono che è grande e lui pensa che intendano grosso e ci rimane sempre male, ama e colleziona pietre colorate, proprio come mio figlio (e questo, insieme alla sua dolcissima ritrosia, lo fa diventare il mio preferito); poi c’è Alya, la piccola principessa dagli occhi verdi che ama le collane e gli smalti; Mohamed, di 8 anni, che vuole sempre giocare a nascondino; e infine il piccolo, piccolissimo Ayad, di 4, con gli occhi più neri e fondi che io abbia mai visto. In Francia ad Tarek danno l’espulsione, gli ritirano il passaporto e così da quel momento lui e la sua famiglia diventano illegali.
Lui vuole rientrare in Italia perché la sente come la sua seconda patria, così dice, e a sentire questo termine storco un po’ il naso, ma lui non se ne accorge. Secondo lui gli italiani sono più accoglienti dei francesi… Mah
Finalmente una doccia per tutti, poi si comincia a pensare alla spesa e alla cucina. Decidiamo un menu italo-egiziano e Tarek va a fare la spesa. Soldi ne hanno un po’, avevano cercato anche un albergo – ci teneva a farmi vedere quante telefonate aveva fatto - ma nessuno li ha accettati.
Erano davvero tutti pieni? Oppure avevano sentito che era straniero e non si fidavano? Non lo sapremo mai. Fatto sta che hanno dormito per strada, in un prato di via Timavo (e immagino quanto Tarek abbia potuto dormire, sapendo che la sua famiglia era lì, in balia di tutto il popolo della strada di notte: quanto mai ti potrai riposare, quanto mai potrai chiudere gli occhi avendo paura che possa succedere qualcosa alle persone che ami di più al mondo e per le quali hai rinunciato a tutto quello che avevi costruito in anni?). Fino a che non hanno incontrato Anna, che era lì in zona con il camper della Croce Rossa, che ha chiamato mia figlia, che ha chiamato me…
Dico a Noha che vorrei che si riposasse e che posso fare io qualcosa, ma lei insiste, lo so che è il suo modo di ringraziare, e poi mi risponde che sono 5 giorni che non fa niente, lì sul quel prato di via Timavo, e le manca cucinare. Le affido la mia cucina con molta gioia (finalmente qualcuno che cucina per me!), e mi piace guardarla che si muove lì dentro, sentendosi un po’ a casa. Inforna due tarte de pomme con il caramello, squisite, e prepara una pasta al forno con la besciamella e il formaggio; mia figlia che era in via Padova e che aspettiamo per cena va a comprare della carne halal e le foglie di vite, che qui, in centro, non si trovano.
La cena è piena di sorrisi e chiacchiere in un pessimo francese, il mio, ma tanto l’italiano più o meno lo capiscono. Parliamo un po’ del loro futuro, cosa possono fare ora? Tarek vorrebbe stare a Milano, è sicuro che qui potrebbe trovare un lavoro perché ha molti contatti e sa fare molte cose. Mia figlia spiega che potrebbero trovare un avvocato al Naga e provare a “chiedere l’Articolo 31” *, visto che i bambini sono tutti nati in Europa, e non sono mai stati in Egitto, non parlano neppure l’arabo. Sono tutti andati a scuola in Francia. Tarek dice: “Loro sono europei”, e io mi chiedo se questo termine abbia davvero un senso preciso, se esista una “identità europea” e non sia, l’Europa, diventata piuttosto un infinito labirinto di confini e di leggi sull’immigrazione più o meno restrittive tra le quali i migranti devono destreggiarsi cercando di capire qual è il confine più facile (anzi, meno difficile) da valicare.
Sono una coppia bellissima, Tarek e Noha, si amano molto e adorano i loro bambini. Domani andranno da qualche altra parte, perché io non posso ospitarli più di due notti (una legge me lo vieta, altrimenti favorirei l’immigrazione clandestina…), spero che trovino qualcuno che si occupi di loro e so già che mi mancheranno. Ma quel che mi ripaga di tutto (anche se non mi sembra così tanto quello che offro) è stato, stamattina, vedere come si è aperto il sorriso di Noha quando le ho chiesto come aveva dormito, finalmente in un letto.
*Articolo 31: L'art.31 del Testo Unico sull'Immigrazione – D. lgs n. 286/98 riconosce al Tribunale per i minorenni il potere di autorizzare il rilascio di un permesso di soggiorno ai genitori di un minore straniero, qualora sussistano particolari esigenze di tutela.
**I nomi sono inventati.
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